Mobile francese Luigi XV, metà XVIII secolo.
Elegante e raro esemplare di arredo, realizzato in bottega parigina (di Landrin) con caratteristiche tipiche della migliore ebanisteria settecentesca.
Il mobile, da centro, presenta piano in marmo sagomato, di qualità e taglio raffinato, che segue fedelmente il profilo ovale della struttura. La cassa poggia su piedi a cabriole, elegantemente mossi e terminanti con applicazioni in bronzo dorato cesellato e dorato, elementi che ne accentuano il pregio e l’aderenza allo stile.
Il fronte, di linea arcuata, è caratterizzato da sportelli scorrevoli a serranda. L’intera superficie è rivestita da ricca marqueterie con impiallacciature in bois de rose e palissandro, essenze pregiate disposte a motivi geometrici di gusto tipicamente rocaille, capaci di creare raffinati contrasti cromatici.
Le proporzioni risultano armoniose e bilanciate, conferendo all’insieme un’eleganza sobria ma ricercata, propria delle migliori realizzazioni di metà Settecento.
Stato di conservazione: eccellente, con conservazione integrale della struttura lignea, delle impiallacciature e degli elementi in bronzo dorato.
Firma: il mobile reca la marcatura “Landrin Vᶰᵉ”, indicazione riferibile alla Veuve Landrin, ossia alla vedova dell’ebanista Germain Landrin (maître a Parigi dal 1738 al 1785), che proseguì l’attività della bottega dopo la morte del marito, secondo l’uso corrente nelle corporazioni francesi del XVIII secolo.
Misure: altezza cm 95; profondità cm 50; lunghezza cm 70
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(F,SM) S,SM
Per saperne di più:
La firma “Landrin Vᶰᵉ”
In realtà, quell’“V” con le lettere in piccolo sopra (“V ne”) rappresenta un’abbreviazione antica di Veuve (= “vedova” in francese). Infatti, sui mobili e sugli stampigli ottocenteschi, ma soprattutto settecenteschi, compare spesso la forma “Vve” o “Vᵉ”. Con questa dicitura gli artigiani segnalavano che la bottega era gestita dalla vedova del maestro, la quale continuava a usare il cognome del marito.
Di conseguenza, l’iscrizione “Landrin – V ne” significa “Vedova Landrin”: il pezzo proviene quindi dalla bottega della vedova Landrin, attiva dopo la morte del maestro.
Per dare un po’ di contesto storico, l’ébéniste Germain Landrin divenne maestro a Parigi nel 1738 e rimase attivo fino alla sua morte nel 1785. In quel periodo le vedove avevano il diritto di proseguire l’attività e di firmare con la formula “Veuve + cognome”. Non a caso, lo stesso uso compare spesso anche nell’editoria dell’epoca, come dimostrano esempi noti quali “Veuve Boivin” o “Veuve Bobin”.
Infine, vale la pena ricordare che dopo il 1791, con la legge Le Chapelier, le corporazioni furono soppresse. Questo cambiamento ridusse progressivamente l’impiego della dicitura “Veuve”, che oggi rimane però un prezioso indizio cronologico per datare le opere.
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