Dipinto del 1500 “Santa Caterina”, misure: cm 73 x 59,5
Questo antico dipinto “Sposalizio mistico di Santa Caterina d’Alessandria con San Girolamo” è un un olio su tela applicata su tavola.
Il dipinto reca sul retro la seguente iscrizione: “ANTONIO BIAGIO da FIRENZE 1450, Prof. G. Fiocco ”. L’attribuzione, confermata anche dalle molteplici somiglianze alla maniera del pittore fiorentino oggi più noto col nome di Biagio D’Antonio, è dunque ad opera del critico dell’arte.
Una composizione con i personaggi dal taglio originale, accentuato anche da presumibili influenze nordico-fiamminghe, poco riscontrabili altrove, suggerite dai tratti dei panneggi e dalla figura della santa.
Opera pregevole per alto livello qualitativo e rara reperibilità.
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(Firenze, ca. 1445 – post 1504)
Biagio d’Antonio nacque a Firenze intorno al 1445. Per molti anni, gli studiosi attribuirono le sue opere ad altri artisti, tra cui Andrea e Giovanni Battista Utili (Valgimigli, 1871; Argnani, 1881). Successivamente, Giovanni Battista Utili ricevette la paternità esclusiva di queste opere (Venturi, 1893; Ricci, 1906; Giglioli, 1916; Berenson, 1936). Altri ancora, come De Francovich (1926) e Buscaroli (1929, 1931), le assegnarono rispettivamente a Benedetto Ghirlandaio e a un “ignoto faentino”.
Fu solo nel 1927 che Luigi Grigioni identificò G. B. Utili con G. B. Bertucci. Qualche anno dopo, nel 1935, pubblicò una serie di documenti faentini che dimostravano l’esistenza di Biagio d’Antonio. Grazie a questo contributo fondamentale, Emilio Golfieri e Angelo Corbara (1947) riuscirono a riconoscere Biagio come autore di due opere citate negli stessi documenti.
Il 28 giugno 1476, un documento faentino cita per la prima volta Biagio, indicandolo come “de Florencia populi Sancti Laurentii” (Grigioni, 1935, p. 217). Da ciò si può dedurre che fosse appena arrivato a Faenza. Biagio si trovava ancora in città nel 1483, quando i domenicani gli affidarono la realizzazione della tavola per l’altare maggiore della chiesa di Sant’Andrea (Grigioni, 1935, pp. 218 s.). Golfieri ha riconosciuto quest’opera nel trittico con Madonna e santi, oggi conservato presso la Pinacoteca Comunale di Faenza.
Anni dopo, il 9 novembre 1504, Antonia, vedova Bazzolini, commissionò a Biagio una pala d’altare per la cappella di famiglia nella chiesa dei francescani (Grigioni, 1935, p. 219). Corbara ha identificato quest’opera nella tavola con la Madonna e i santi Giovanni Evangelista e Antonio da Padova, anch’essa oggi nella Pinacoteca di Faenza.
Nel corso del tempo, critici e storici dell’arte hanno attribuito numerose opere a Biagio attraverso confronti stilistici e analisi formali (vedi l’elenco di Berenson, 1936, sotto il nome di G. B. Utili, con le correzioni di Longhi in Officina Ferrarese). Le sue prime opere mostrano influenze di Filippo Lippi e di Pesellino, con echi dello stile del giovane Rosselli.
Intorno al 1470, Biagio si avvicinò alla bottega del Verrocchio. Gli studiosi gli attribuiscono una partecipazione all’affresco del Passaggio del Mar Rosso di Cosimo Rosselli nella Cappella Sistina, fatto che suggerisce un suo viaggio a Roma nel 1482. In seguito, il suo stile oscillò tra elementi verrocchieschi e ghirlandiani, per poi aprirsi, nei primi anni del Cinquecento, anche all’influenza di Filippino Lippi.
Dopo il 1504, i documenti non riportano più notizie di Biagio a Faenza, fatto che fa pensare a un suo ritorno a Firenze.
Infine, tra le sue opere certe figurano anche gli affreschi con il Beato Enea e il Beato Giacomo Filippo Bertoni, che in origine decoravano la sacrestia della chiesa dei Servi. Oggi si trovano nella Pinacoteca Diocesana, all’interno del palazzo vescovile di Faenza.
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